L’opera dannunziana

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L’OPERA DANNUNZIANA a cura del critico letterario Carla d’Aquino Mineo

Gabriele d'Annunzio

Gabriele D’Annunzio (1863 – 1938) Pescara – Gardone Riviera – Poeta e patriota, nacque a Pescara da Francesco Paolo e Luisa De Benedictis in una famiglia, che gli permise di interessarsi alla politica del suo tempo, mentre mostrava un carattere autoritario e passionale con una spiccata genialità che convinse il padre ad incoraggiarlo nella sua giovinezza a pubblicare i suoi scritti letterari. In alcune poesie e scritti di prosa echeggia un sentimento di commozione nel ricordo della madre, che riuscì a comprenderlo, perché consapevole della grandezza del figlio, il quale sentì profondamente l’amore per la sua terra, legato da una nostalgica evocazione, rimembrando un mondo di tradizioni animato dalla sua gente. Così, nella sua antica villa, Gabriele D’Annunzio visse momenti intensi ed indimenticabili della sua fanciullezza, mostrando con animo gentile, ma anche impetuoso il suo concetto di vitalismo. Durante gli anni di studio nel liceo Cicognini di Prato rivelò un animo ribelle con i suoi primi mutamenti  d’amore, che sono riportati nelle pagine delle “Faville del meglio”e nel 1880 con la tipografia Ricci di Chieti pubblica “Primo vere”, una raccolta di liriche nelle quali si svela un’atmosfera carducciana che cede il passo nella seconda edizione alla libera personalità di D’Annunzio con poesie che rappresentano il valore della poesia italiana, espressa in un significativo articolo di Giuseppe Chiarini. Dopo l’esperienza giornalistica ed universitaria nella città di Roma, nel gennaio del 1882 conobbe il Carducci e pubblicò il “Canto novo”che manifesta la sua espressione naturalistica ed un elogio alla vita descritta con vigore nella sua autentica poesia dannunziana. Nel 1882 scrisse i bozzetti di “Terra vergine“, nel 1884 il “Libro delle vergini” e nel 1886 “San Pantaleone” con un contenuto che raccolse nel 1909 nelle “Novelle della Pescara“, dense di accentuazioni veriste che evidenziano l’ambientazione provinciale nella realtà. “L’intermezzo di rime” manifestano le tendenze letterarie della sua epoca con una rigorosa personalità di scrittore che intensificherà nell’attività giornalistica negli anni romani in collaborazione con alcuni giornali della capitale come “Fracassa“, “Cronaca Bizantina“, “Tribuna“, ed altre pagine raccolte da Alighiero Castelli in “Pagine disperse di Gabriele d’Annunzio“. In questi anni romani D’Annunzio manifestò le sue scelte intellettuali, tra amori passionali e mutevoli, mentre nel 1883 sposò Maria Hardouin, duchessa di Gallese, separandosi dopo alcuni anni, dedicandole “IsaottaGutta Dauro“, ripresa nella successiva edizione nelle due raccolte “Isotteo” e “Chimera” 1885, dove è evidente nella prima raccolta una poesia umanistica del Tre e Quattrocento, mentre la seconda raccolta rivela suggestioni decadenti ed evocazioni dei poeti maledetti per divenire nel Canto novo rivelazioni di morbosità, corruzione estetica e morale che identificano l’arte e la vita del poeta. Gabriele D’Annunzio ispiratosi alla retorica, scrisse 1889 nel convento di Francavilla “Il Piacere” e seguiranno i romanzi “Giovanni Episcopo”, “Innocente” nel 1892, “Il Trionfo della Morte” nel 1889 – 94, “Le vergini delle rocce”, dove il protagonista del romanzo, Claudio Cantelmo, teorizza l’idea del super uomo. E’ evidente che in questi romanzi primeggia il Naturalismo con una nuova modalità nella narrativa italiana, che mette in risalto il protagonista in maniera biografica per svelare le sue esperienze, le crisi morali, gli ideali filosofici, politici ed estetici, tra passioni fugaci, ma intense nella ricerca di nuove sensazioni materiali descritte nella sua arte di vita vissuta.

Una consapevolezza poetica, scoprendo i valori del decadentismo da un punto di vista etico, è riscontrabile nell‘Intermezzo di rime” e nel “Poema paradisiaco” nel 1893 che percorre l’eco della poesia dei ricordi nella ricerca di una lontana semplicità di sentimenti affettivi. Così, nel 1903 scrisse le liriche di Maia, memoria di un viaggio in Grecia con l’amico Edoardo Scarfoglio ed il traduttore francese Hérelle. Dopo aver scritto le “Elegie Romane” nel 1891 e le “Odi Navali” s’inoltra nel mondo teatrale con Eleonora Duse, passione e musa ispiratrice delle sue opere letterarie, scrivendo “Il sogno di un mattino di primavera”, che la Duse interpretò a Parigi nel 1897, poi “La città morta”, scritta nel 1898 ed il “Sogno di un tramonto d’autunno”. Nel 1898 seguirà “La Gioconda” e nel 1899 “La Gloria”, riaccendendo nel 1900 l’interesse per il romanzo con “Il Fuoco”che segna la memoria di una decadente Venezia e della sfiorita bellezza di Foscarina. Gli anni fiorentini, quindi, rivelano il carattere letterario nella sua completezza di Gabriele D’Annunzio con le opere letterarie come “Francesca da Rimini” nel 1901, i tre libri delle “Laudi” ( Maia, Elettra, ed Alcyone), tra il 1903 – 1904, “La figlia di Jorio” (1904), “La fiaccola sotto il moggio” (1905) e “La nave” rappresentata con ampio successo a Roma nel 1908. Tra il 1909 ed il 1910 scrisse “Fedra” e “Forse che si forse che no”, mentre è riconosciuto poeta vate nel periodo della sua massima notorietà, dove l’opera dannunziana nella concretezza della materializzazione nella forma, trova una via di spiritualità, quando si abbandona nell’indicibile, raggiungendo un virtuosismo poetico nella lirica “Lapioggia nel pineto”, “Versiia”, “La morte del cervo”, “L’onda”ed il “Novilunio”, pagine in cui Gabriele D’Annunzio anticipa la grande poesia del ‘900. Durante il suo esilio in Francia e spento il suo rapporto con Eleonora Duse, scrisse opere in francese “Le martyre de Saint Sebastien” nel 1911, “La Pisanelle ou la mort parfumée” nel 1912, “Le Chevrefeuille” nel 1913 e per la musica di Mascagni scrisse la “Parisina”. La guerra italo-turca ispirò Gabriele D’Annunzio a scrivere “Le Canzoni delle gesta d’Oltremare” ed in ricordo del suo amico francese Adolphe Bermond e di Giovanni Pascoli si dedicò a scrivere “Le contemplazioni della Morte”, dove si rivela un animo meditativo e malinconico per la perdita dei suoi amici. La narrativa si rianima con “La Leda senza cigno” che pubblicò in Italia nel 1916. Dopo il rifiuto della successione del Pascoli nella cattedra dell’Università di Bologna, Gabriele D’Annunzio sente il desiderio di partire volontario il 24 maggio 1915 per la prima guerra mondiale. Così, la sua poesia si apre ai ricordi di azione ed alle imprese di guerra nei “Canti per la guerra latina”, raccolti nel V libro delle Laudi, in cui la sensibilità del poeta si unisce all’eroismo, all’amore per la sua patria, al senso dell’avventura in una sorte comune di sofferenza nella dignità di un popolo che descrisse nel “Notturno”. Dopo un breve soggiorno nella città di Venezia, Gabriele D’Annunzio scelse definitivamente la sua casa a Gardone Riviera, in cui raccolse tutte le sue memorie ed opere d’arte per divenire il Vittoriale degli italiani, scrivendo negli ultimi anni della sua vita, tra il 1924 ed il 1936 i tre tomi delle “Faville del maglio”, “Il libro ascetico della Giovane italia”, “Le cento e cento e cento pagine del libro segreto”, “Le dit du sourd et muet” ed infine nel 1936 “Teneo te Africa”, lasciando nella letteratura internazionale pagine poetiche che trapassano ogni tempo.