Falcone Roberto

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Il maestro Roberto Falcone vive ed opera a Roma

Cell. 338.1606579

e-mail: rob.falcone1967@gmail.com

BIOGRAFIA

Sono nato nel 1967 a Roma, dove ho sempre vissuto e lavorato.

Laureato in Architettura nel 1999 presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ho conseguito anche

un master in Yatch Design oltre che corsi di Attestazione Professionale e Formativa.

Mi sono occupato, per dieci anni, di progettazione industriale (design) per passare, con fasi alterne,

alla mia attuale attività lavorativa da libero professionista come architetto.

Momento importante nella mia vita personale è stato l’incontro con mia moglie Barbara, conosciuta

nel 2009 e sposata nel 2010, con cui abbiamo avuto la fortuna di avere una bambina nata nel 2015.

A mia moglie devo dare il merito di avermi spinto a prendere, in maniera sistematica e autoriflessiva,

il percorso artistico.

Il disegno, infatti, è sempre stata la mia passione, fin da piccolo.

Già in età adolescenziale, incoraggiato da mia madre, dipingevo come atto liberatorio dei propri

stati d’animo. E ho continuato a farlo, in maniera sporadica, anche in età giovanile.

Anche la scelta di studiare architettura è stata, sicuramente, legata anche a questo mio grande

desiderio di esprimermi attraverso tale forma espressiva.

In età adulta e lavorativa, l’aver avuto la possibilità di occuparmi per parecchio tempo di design, ha

rappresentato in qualche modo, un modo per esprimere la mia creatività. Lavorare sulle e con le

forme”, per creare oggetti, ha rappresentato per me un momento formativo importante per

acquisire il linguaggio visivo.

Quando le opportunità lavorative me lo permettevano, ho sempre cercato, sia prima come designer

e sia poi come architetto, di mettere sempre in pratica la “metafora del linguaggio visivo”.

Sono sempre stato convinto infatti che, in una società sempre più “concettuale” e

dematerializzata” qual è quella attuale, il segno generatore quale atto creativo, che si può trovare

dietro ad un disegno, o ad un oggetto, come pure ad una forma architettonica, possa e abbia la

possibilità di essere “letto”, come atto capace di generare “altro”, oltre al suo realizzato fisico.

Qualcosa altro” che, metaforicamente parlando, sia portatore di altri significati, sia espliciti (cioè

voluti consciamente) e sia impliciti (non voluti ma espressi dall’inconscio).

A sostegno e comprensione di quanto sopra detto, mi piace riportare la descrizione del termine

metafora” da dizionario:

Metafora: “Figura retorica per cui si trasporta un vocabolo dal senso proprio a un senso figurato…”

La pittura sta proprio in questo: trasportare un “vocabolo” visivo” su un altro livello. Dare spazio alla

mente in modo che sia l’inconscio a ricollocare i vari vocaboli visivi su altri significati.

Metafora, quindi, come metodo terapeutico e curativo per la mente umana per riconciliarsi con la

realtà fenomenica.

Trovo la pittura portatrice naturale di tale valore metaforico e terapeutico.

Nella pittura cerco di dare vita alla mia visione metaforica della vita.

Alla pittura, dopo fasi alterne, è dal 2013 che ho ripreso, come autodidatta, a riavvicinarmi,

utilizzando principalmente come strumento espressivo i colori acrilici su tela.

È infatti da tale data che ho ripreso, spronato da mia moglie, a mettere su tela il mio mondo

interiore, cercando ricollocare in maniera sistematica i tanti disegni e schizzi fatti in passato per il

desiderio di dare forma alla mia area emotiva.

Come in qualsiasi altro essere umano, pensieri e immagini affollano la mia mente: collegati tra loro

da un sottile filo di metafore emotive.

Il percorso da me intrapreso è proprio quello di dare una risposta concreta in termini di “quadri da

fare” a queste metafore. Un desiderio riconciliatorio con il proprio mondo interiore, capace di

riallocare materialmente, sulla tela, sensazioni e stati d’animo vissuti.

Un vissuto, che pur essendo specifico perché a me riferito, è in realtà un vissuto che rientra nel vissuto del genere umano e, quindi, come tale emotivamente trasmissibile ad altro. È per questo che non definisco la mia pittura né astratta o né figurativa, in quanto l’oggetto da me raffigurato è sempre e comunque qualcosa che va oltre alla rappresentazione fatta; qualunque essa sia. Astratta o figurata che possa essere, l’intento della speculazione visiva è sempre quello di innescare un processo virtuoso, tale per cui, chi guarda, ha modo di ricollocare, attraverso l’immagine dipinta, in maniera conscia o inconscia, altri significati che appartengono al proprio vissuto che sono portatori di sensazioni ed emozioni. Compito del mio fare artistico è in ultima analisi proprio questo: dare modo a chi guarda un mio dipinto di poterlo “utilizzare” come veicolo per accedere alla propria area emotiva.