Mignani Lorenzo

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Il maestro Lorenzo Mignani vive ed opera a Bagno a Ripoli (Firenze)

cell. 347.0647017

e-mail: codexpurpureus@gmail.com

BIOGRAFIA

Lavoro come artista dal 1986. Inizialmente sperimentando elementi di astrattismo puro, ispirandomi a Klee, Kandinsky e Mondrian,  poi addolcendo un poco questo rigore ed aprendomi ad influenze fauve. Il mio lavoro si inserisce nella tradizione dell’arte espressionista lirica astratta e ne trova la sua chiave, con toni mistici. La mia arte intende unire insieme il pensiero occidentale ed orientale. I dipinti, a volte quasi indescrivibili, si sovrappongono con il lavoro di grandi artisti precedenti, ma hanno un carattere singolare ed a sè stante. Da più di 20 anni ho esposto in varie mostre, sia personali che collettive a livello nazionale.

Disegno, dipingo, io preferisco dire che scarabocchio, per me stesso fin dai 13-14 anni per la necessità di tentare di raccontare quello che è, per me, inesprimibile con le parole. Quello che vorrei fare disegnando è provare a creare un mio “universo” parallelo popolato dalle mie emozioni e pensieri. Le immagini vogliono rivitalizzare e rendere attuali i canoni estetici ed artistici classici, cercando di trovare molti riferimenti all’arte del passato: passo molto tempo ad analizzare alcune delle opere di artisti come Durer, Rembrandt, Goya o Ribera, in modo da poter assorbirne i passaggi di colore e del chiaroscuro che poi cerco di portare nei miei dipinti. Tendo a creare disegni complessi e, al tempo stesso, semplici per raffigurare i cicli della natura che consumano e vivono nella parte superiore di volti di donna di cui non si vedono quasi mai gli occhi.

Dai paesaggi montani, dalla osservazione e dallo studio della natura ho raccolto le mie immagini di partenza che poi si avvolgono di un lieve pulviscolo, di una leggerissima nebbia, che dissolve il colore ed i particolari in un insieme che prende vita in una sensazione di mancanza oppure di “presenza”. La ricerca dei dettagli del “soggetto” è il momento stesso in cui si discioglie e si trasforma in qualcosa di altro: i volti non sono reali, concreti, ma vogliono comunque essere “veri” esprimendosi nella loro speranza o disperazione che si copre di farfalle, di uccelli, di fiori.  

In questi lavori la natura tende a sopravanzare la figura umana, la ricopre quasi, ma questo non vuole essere drammatico, tutto tende ad essere naturale. Sono le piante, le farfalle, gli uccelli a creare l’oblio o sono gli occhi dei soggetti che diventano “buchi neri” o luci abbaglianti per esprimere la “bellezza”? Quello che qui cerco di raccontare è l’estasi del contatto, che “brucia” gli occhi, e questi restano volutamente nascosti per non distrarre. Se ci fossero gli occhi chi lo osserva penserebbe ad un ritratto e non ad un particolare genere di “natura morta”, che è poi esattamente quello che cerco di rappresentare. Il tentativo è di creare una ciclicità continua tra uomo-pianta-animale nel quale nessuno prevarichi l’altro. Se elimino gli occhi, nel buio o nella luce totale, non è più una donna ma LA DONNA, che è qualcosa di completamente diverso. La mancanza degli occhi rappresenta sia l’estasi che l’agonia: l’estasi per la sensazione dell’esatto momento in cui i tre elementi (flora, fauna ed essere umano) si incontrano e diventano un’unica cosa, l’agonia per la sensazione che tutto questo sia incompressibile ed irraggiungibile. Le figure umane vogliono richiamare degli archetipi, suggestioni nate dal folklore italiano come le Aguane della tradizione ladina oppure Janas e Cogas (streghe della tradizione sarda) che, nelle antiche credenze seducono, incantano maledicono e guariscono. Questo vuol essere un omaggio all’arte segreta delle guaritrici usando metafore che evocano la loro storia in un tempo, precedente al Malleus Maleficarum, in cui una cultura matriarcale e l’uso di cure “naturali” davano vita a donne mistiche, sia cristiane che non, spazzate poi via dalla repressione della Controriforma.